Sabato 3 giugno 2017, ore 21.49.
Le telecamere televisive da Cardiff stringono su un primo piano di un giovane tifoso juventino presente allo stadio, gli occhi azzurri sgranati, lo sguardo fiero ma impietrito in un’ espressione di deluso stupore. È una sconfitta difficile da metabolizzare quella cui sta assistendo dalle tribune del “Millennium Stadium”, soprattutto per come si sta manifestando: una finale di Champions League persa con un risultato di 1-4 difficilmente ipotizzabile alla vigilia, così stridente e fuori dalle logiche delle premesse dell’evento.
L’amarezza e l’incredulità per quell’epilogo faranno da sfondo pure ai dibattiti tra tifosi e addetti ai lavori per comprenderne le ragioni. Un profluvio di analisi tecnico-tattiche investirà da lì a breve i media per spiegare ciò che era successo. Tutti commenti ineccepibili, che però si risolveranno – nella maggioranza dei casi- nella descrizione delle modalità della sconfitta, senza riuscire a fornire una risposta all’interrogativo di fondo, ossia quale fosse la causa prima. Perchè in effetti non era accaduto niente di nuovo, la Juventus aveva perso una finale di Champions League. A pensarci bene, quella partita non aveva esibito niente di diverso rispetto al passato. Bastava soltanto cogliere i segnali che evidenziavano questa continuità. Ma per fare ciò occorreva collocarsi in una prospettiva completamente diversa: “In un mondo in cui niente è quel che sembra devi guardare oltre”. Era questa la chiave per capire ciò che era accaduto non solo a Cardiff ma in tutte le finali perse dai bianconeri in Champions League. Non bisognava perdere altro tempo: era necessario tornare indietro negli anni e scrivere la storia da dove era cominciata, senza timori nè reticenze. Questo libro è il risultato di questa intuizione.